Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni”, diceva Shakespeare nel quarto atto de “La Tempesta”, ma negli ultimi tempi l’attenzione sembra essersi però spostata verso un altro stato di coscienza: quello psichedelico.
Secondo la mappatura degli stati della coscienza, esiste quello ordinario – cosiddetto “di veglia”, in cui si vive per la maggior parte del tempo – e stati non ordinari come trance o estasi mistica ma che si possono manifestare anche quando stiamo meditando, siamo ipnotizzati o ebbri di alcol, sotto l’effetto di morfina e quando sogniamo durante il sonno. La scienza conferma che tra tutte le sostanze psicoattive gli psichedelici suscitano esperienze con la massima somiglianza semantica con i sogni. 

Un accesso più profondo alle nostre emozioni

Gli studi dimostrano infatti che il sistema limbico è particolarmente attivo sia nei sogni sia durante le esperienze psichedeliche, permettendo un accesso più profondo alle emozioni. Mentre tutto ciò avviene la corteccia prefrontale si spegne, o meglio riduce la sua attività, favorendo una maggiore libertà di connessioni e associazioni tra aree del cervello che non comunicano frequentemente, questa “iperconnettività” ci offre una maggiore creatività e flessibilità cognitiva. Altra protagonista indiscussa di questo processo è la serotonina che regola i cicli sonno-veglia e modula l’esperienza psichedelica.

Durante i sogni e i viaggi psichedelici inoltre il nostro cervello tende a produrre onde cerebrali di tipo gamma e theta, associate all’elaborazione di informazioni ed emozioni e alla creatività, mentre nello stato ordinario di coscienza, o quando abbiamo bisogno di concentrazione per produrre un risultato o quando siamo rilassati ma vigili, il nostro cervello produce onde beta e alpha. Queste diverse frequenze neuronali ci suggeriscono che non siamo qui solo per risolvere problemi matematici o fare scrolling passivo sui social media ma siamo “progettati” anche per immaginare, creare ed essere intuitivi. 

I sogni ci regalano visioni e realtà illogiche, amplificano e rendono vivide situazioni impossibili nella realtà 3D del quotidiano. Vi è mai capitato di sognare di volare dentro una cabina telefonica londinese? Queste vengono definite “bizzarrie cognitive” e le sostanze psichedeliche le rendono ancora più palesi, avvengano esse ad occhi chiusi ma anche soprattutto ad occhi aperti. Per dimostrare ciò basti pensare alla famosa scena del film Blueberry” di Jan Kounen del 2004, in cui Vincent Cassel intraprende uno sconcertante viaggio spirituale mediante l’ingestione di ayahuasca. Tuttavia l’intensità di queste visioni varia da persona a persona e da molteplici fattori, proprio come il cibo pesante può influenzare i sogni rendendoli più vividi o incubi.

Nuove prospettiva sulla nostra identità

Sia nei sogni sia nei viaggi psichedelici le emozioni sono intense e – a detta di tutti gli studiosi – non sono mai casuali. Nei sogni possono riemergere spesso situazioni e dinamiche di cui abbiamo paura, gli psichedelici invece agiscono come “amplificatori” dello stato emotivo in cui ci troviamo nel momento in cui ne facciamo uso quindi, se abbiamo paure o ansie che nello stato di veglia tendiamo a evitare, è molto probabile che vengano a visitarci in quegli stati alterati. È risaputo quanto sia difficile decidere il tono, l’estetica e le dinamiche di entrambe le esperienze. Certo, è possibile prepararsi al viaggio psichedelico nel miglior modo possibile rispettando il trinomio “set + setting + dose”, così come ci si può preparare al sognare con una tisana di camomilla o tre grammi di melatonina, eppure l’esperienza avrà sempre una certa dose di imprevedibilità. 

L’espressione “set, setting e dose” è stata coniata nel lontano 1964 dallo psicologo americano Timothy Leary per indicare le tre variabili intercorrelate e fondamentali a cui fare attenzione per prepararsi a un’esperienza psichedelica. 

  • Il “set” è lo stato mentale della persona, l’umore, le memorie delle esperienze passate positive e negative, lo stato emotivo presente e le aspettative per il futuro. In sintesi, è bene avere consapevolezza del proprio stato interiore prima di qualsiasi sperimentazione non-ordinaria. 
  • Il “setting”  è composto dalle persone, l’ambiente fisico, la musica, i rumori di fondo, le luci, tutto ciò che interagirà con noi durante l’esperienza e che potrà condizionare fortemente la buona riuscita del viaggio. Decidere dove e con chi fare certe esperienze è fondamentale. 
  • La “dose” è dipendente dalle prime due variabili ed è una scelta personale sulla base dell’intensità desiderata: dose da museo, macrodose, microdose. 

Prepararsi è decisamente la cosa giusta da fare e la responsabilità personale in tutto ciò è un elemento chiave. Inoltre è essenziale affidarsi al proprio buon senso e a una guida esperta di fiducia perché dopo un vivido sogno o un surreale trip psichedelico è utilissimo rielaborare o interpretare il materiale emerso attraverso riflessioni, terapia, letture, disegni, movimento corporeo, respirazione, meditazione… insomma le opzioni sono varie e tutte valide. 

Una caratteristica comune a queste esperienze è l’alterazione del senso di sé e delle percezioni corporee: diventare qualcun altro, ritrovarsi con würstel al posto delle dita o diventare piccoli piccoli come Alice nel paese delle Meraviglie. Possiamo uscire dal nostro corpo, vibrare insieme all’universo e poi ritornare confinati nella nostra materialità non appena ci risvegliamo dal sogno o dal trip; è possibile avere la sensazione di aver vissuto una vita intera. Entrambi gli stati facilitano l’emergere di archetipi e simboli dell’inconscio, offrendo nuove prospettive sulla nostra identità. 

Se consideriamo il sogno come la forma più pura dell’immaginazione, il viaggio psichedelico non è da meno grazie alla sua capacità di evocare immagini oniriche a occhi aperti, a volte meravigliose altre volte spaventose. I meccanismi neurobiologici alla base di questo fenomeno restano in parte un mistero, la scienza comunque conferma che sogno e trip sono cugini stretti. Ci sono buone ragioni per applicare il termine “onirogeno”, ovvero “produttore di sogni”, alle droghe psichedeliche. Nelle sue immagini, nel tono emotivo e nei capricci del pensiero e dell’autocoscienza il trip con sostanza psichedelica, soprattutto a occhi chiusi, non assomiglia tanto a nessun altro stato quanto a un sogno. 

La domanda rimane: sogno o sono in un viaggio psichedelico?

Quasi verrebbe da pensare che il sogno sia il trip psichedelico che la nostra coscienza si permette di fare ogni notte. D’altronde, qualcuno di voi è mai riuscito a decidere di non sognare? Anche se molti ahimè al risveglio non ricordano ciò che hanno vissuto o visto

Ma a che cosa servono i sogni? In questa società così performativa non sono delle perdite di tempo? Al contrario di quanto potrebbe apparire, molte scuole di psicologia come la psicoanalisi freudiana e junghiana, la terapia della Gestalt e altre ancora fanno largo uso dei sogni, considerandoli una porta verso l’inconscio e un riflesso del corpo stesso. 

Sogni e viaggi psichedelici sembrano essere una parte fondamentale del nostro benessere. Le terapie psichedeliche sono state studiate per il trattamento di condizioni come depressione, PTSD e ansia così come alcuni sogni particolarmente intensi possono essere una chiave di volta per scardinare un disagio psicologico, un blocco emotivo o intuire i nostri più reconditi automatismi e traumi. Oltre a essere funzionali al nostro benessere queste esperienze possono anche rivelarsi divertenti, infatti l’arte, la letteratura e la creatività umana in generale hanno tratto una ricca ispirazione da questi stati non ordinari.

Se ci spostiamo da una visione riduzionista verso una prospettiva transpersonale, affascinante tanto quanto quella terapeutica o creativa, ecco che la funzione dei sogni e delle sostanze psichedeliche assume una dimensione magica: in numerose tradizioni culturali e popolazioni attraverso le due modalità è possibile comunicare con gli antenati, con spiriti guida ed entità di varia natura, si prendono decisioni collettive sul futuro della comunità, si guarisce da mali fisici e psichici. Lo sciamanesimo è probabilmente il punto di incontro tra pratiche oniriche e stati psichedelici ma è anche l’esempio più calzante di come entrambe possano essere dei mezzi per esplorare i diversi stati di coscienza e accedere a dimensioni spirituali. 

Nonostante tutti gli studi e le ricerche questi stati di coscienza rimangono ancora avvolti nel mistero, sia i sogni sia le esperienze psichedeliche sono spesso difficili da esprimere a parole in maniera razionale ma lasciano profonde tracce emotive e intuitive. Quindi tornando alla nostra domanda iniziale, “sto sognando o sono in un trip psichedelico?” A voi adesso la risposta!

Pubblicato su Marlè, rivista semestrale, gennaio 2025 

Foto di Ameer Basheer su Unsplash